MVK: la conoscenza minima utile
Visioni e Soluzioni inizia l'anno nuovo festeggiando insieme con tutti quelli che ci seguono il suo primo anno di vita. Il 2024 è stato un anno difficile sia a livello personale, sia a livello mondiale, per i venti di guerra e di destra che soffiano sempre più minacciosi, per cui oggi più che mai è il caso di augurarsi un anno decisamente migliore del precedente! Ed è il caloroso augurio che faccio a tutti gli amici.
Invece di partire come al solito con l'arte visiva, questa volta mi piace focalizzare sul problem solving con una domanda fondamentale che riguarda qualsiasi campo, e quindi anche l'arte e la comunicazione visiva.
La domanda è: "dato un qualsiasi problema, che cosa mi serve sapere per affrontarlo? Quali conoscenze sono indispensabili, quali utili, quali accessorie, quali superflue?"
La risposta è MVK, acronimo di minimum viable knowledge, conoscenza minima utilizzabile, un concetto e un metodo di lavoro che ho appreso in un bellissimo webinar che Maurizio Goetz ha tenuto per il Complexity Institute il 9 settembre 2024.
Viable è un aggettivo dal significato complesso. Letteralmente significa “vivibile”, specialmente se applicato ad ambienti e habitat, oppure “vitale” e “capace di crescere”, se applicato ad organismi viventi. In generale significa “capace di funzionare e di esistere come unità indipendente”, ma anche “adatto, adeguato”. In una prospettiva futura significa “praticabile, realizzabile, fattibile, utilizzabile”. Applicato alla conoscenza significa conoscenza utilizzabile nel contesto in cui ci si trova e per lo scopo a cui si tende. Con MVK si intende perciò quel minimo di conoscenza che basta ad affrontare un problema.
Il concetto è importante per ottimizzare tempi, costi ed energie, e si basa sul presupposto che per fate una certa cosa, per esempio scalare una montagna, non serve conoscere tutto lo scibile sulle montagne in genere, su quella montagna specifica, sul meteo e sull'abbigliamento, ma solo sapere quel tanto che basta per arrivare in sicurezza fino in cima e ridiscendere col minimo dei rischi. Per restare nella metafora della montagna, un esempio di riduzione intelligente è lo zaino dell’alpinista esperto, in genere più piccolo e più leggero di quello del principiante, perché l’esperto porta con sé solo le cose indispensabili per ridurre al minimo il peso e l’ingombro.
L'MVK deriva dall'MVP, Minimum Viable Product, prodotto minimo funzionante, dotato cioè solo di quelle caratteristiche che bastano a farlo utilizzare dai primi clienti. E' ciò che accade normalmente con prodotti informatici, che appena sono in grado di funzionare vengono messi a disposizione dei cosiddetti beta tester, utilizzatori esperti che ne stressano le funzionalità allo scopo di segnalare malfunzionamenti e aree di miglioramento. In tal modo si evita il perfezionismo che non si accontenta dei livelli raggiunti, e si riduce il time to market, ossia il tempo che intercorre fra l'ideazione del prodotto e la messa sul mercato di un prodotto non perfetto, ma perfezionabile.
Il metodo MVP si combina efficacemente con altri metodi iterativi di progetto e di miglioramento come il PDCA, il kanban o il TRIZ. Nel PDCA per esempio il prodotto minimo si colloca nella prima fase del Plan, per essere provato con il DO, testato con il Check, modificato con l'Act per ottenere un prodotto migliorato che a sua volta può diventare un nuovo MVP con cui attivare un ulteriore ciclo di miglioramento.
L'MVK si comporta nello stesso modo, applicando alla conoscenza i metodi della produzione di beni e servizi. Non spinge alla conoscenza di alti valori e massimi sistemi, ma solo di quel tanto che serve al caso specifico e il quel dato momento, riservandosi di modificare le informazioni man mano che il processo risolutivo va avanti.
Il minimo di conoscenze indispensabili per operare è un concetto antico come il sapere stesso dell'uomo, specialmente per chi deve prendere decisioni in poco tempo. Un esempio è il briefing di un'operazione militare, poliziesca o pubblicitaria. Si tratta di un documento che contiene tutte e solo le informazioni utili a raggiungere l'obiettivo richiesto, e che costituisce la base e il punto di riferimento di tutto il progetto. Così come un MVP non deve essere perfetto, ma solo cominciare a funzionare, una MVK non deve essere esauriente e completa, ma solo utile ad attivare il progetto, per esempio ad affrontare una prima riunione di brainstorming. Man mano che il progetto si sviluppa, sorgono nuovi interrogativi che portano a sviluppare un livello più evoluto di conoscenza minima, fino ad arrivare al raggiungimento degli obiettivi.
Il metodo MVK è molto utile quando si deve affrontare un ambito di cui si conosce poco o nulla, come può essere un piano di comunicazione per una nuova normativa, un prodotto tecnologico avanzato, un problema medicale specialistico. Come esperti di comunicazione non siamo tenuti ad essere esperti degli arti artificiali o delle reti neurali, ci basta saperne quel poco che ci servirà a valorizzare le caratteristiche più innovative e originali dell’argomento da comunicare.
Le applicazioni di intelligenza artificiale come ChatGPT aiutano enormemente a crearsi una MVK, se si sanno fare le domande giuste, dal generale al particolare, specialmente quando non si dispone di molto tempo da dedicare al progetto. Ricerche e relazioni che richiederebbero intere giornate possono farsi in pochi minuti, come ho fatto io per scrivere questo articolo. Con due sedute di una decina di minuti ciascuna ChatGPT mi ha fornito un quadro esauriente del tema da me proposto: l'utilizzazione della MVK nell'arte pittorica, nel problem solving e nella formazione.
Questa è la mia sintesi del materiale raccolto, con integrazioni e riflessioni personali.
Arte pittorica
Nella pittura il concetto di conoscenza minima si applica a quattro ambiti:
1. le fasi successive di disegno e pittura;
2. la sintesi visiva che mira a ottenere la massima rappresentatività col minimo degli elementi visivi;
3. il livello di dettaglio a cui si vuole arrivare;
4. le conoscenze tecniche nel caso dell'arte digitale.
1. Un dipinto viene realizzato per fasi successive. Si parte da un abbozzo di sole linee e forme semplificate come rettangoli e cerchi, e man mano si aggiungono colori, particolari, effetti di luce e ombra. Il processo è ricorsivo, perché il primo abbozzo, il disegno in bianco e nero, rappresenta il punto di partenza per il ciclo successivo, la prima coloritura. Si procede via via dalle forme generali ai particolari, sempre per cicli di rifinitura.
Se per esempio vogliamo raffigurare un volto, possiamo partire da poche linee che ne tracciano la struttura di base, per poi aggiungere tratti che delineano occhi, naso, bocca, orecchie. Infine possiamo applicare i colori sempre in modo veloce e sommario, senza scendere troppo nei particolari. In tal modo si procede per interventi minimi su livelli successivi.
2. Fin dalla preistoria l'uomo ha cercato di sintetizzare ciò che vedeva per poterlo rappresentare con graffiti e intagli su pietra, legno e metalli, per creare immagini in poco tempo e con poco materiale, per rendere le immagini più semplici e comprensibili. La semplificazione dell'immagine è fondamentale nella comunicazione visiva, specialmente per icone segnaletiche e informative, per marchi, ma anche per immagini pubblicitarie o artistiche.
Le icone servono a visualizzare nel modo più semplice situazioni, concetti, attività. Questa è l'icona di una videoconferenza o di una riunione in smart working. Il bianco e nero, le forme geometrizzate, la scelta dei pochi segni capaci di rappresentare la scena, sono elementi minimi di rappresentazione visiva.
Malika Favre è una straordinaria grafica e illustratrice francese che con pochissimi elementi vettoriali riesce a creare immagini di fortissimo impatto e di grande atmosfera. Questa illustrazione si intitola “Where are the boss ladies?”.
3. L'artista decide il livello di dettaglio a cui vuole arrivare per considerare finita l'opera. Carlo Crivelli arrivava ad un livello molto nitido e dettagliato. Monet, per cogliere la rapida impressione del momento, trascurava i dettagli.
L'estrema cura dei dettagli è ben visibile in questo particolare di una Madonna con Bambino del 1480. Crivelli dipinge a velatura di tempera su legno con pennelli sottili.
Il controluce veneziano del San Giorgio Maggiore di Monet, del 1908, è solo una luminosa vibrazione di colori dati con larghe e veloci pennellate, dove la rappresentazione della chiesa si riduce ad una sfocata silohuette, ma c’è tutta l’atmosfera del crepuscolo veneziano.
4. Nell'uso di programmi grafici per arte digitale all'artista non serve conoscere tutte le potenzialità di uno strumento, ma solo quelle che gli servono al momento. Per esempio, se lavora ad una illustrazione bidimensionale, non gli servono le conoscenze relative al mondo del 3D. E' importante invece saper individuare i livelli su cui disporre le forme generali e i relativi particolari.
Questa è l'interfaccia utente di Krita, un programma grafico open source che uso per dipingere con la mia tavoletta grafica. L'interfaccia non mostra tutte le risorse del programma, ma solo quelle che scelgo io e quelle che servono all'operazione che sto facendo, come le finestre per la selezione dei colori e la scelta dei pennelli.
Problem solving
L'applicazione del concetto di MVK, conoscenza minima utile, nel problem solving, consente di affrontare i problemi in modo più efficiente e pragmatico. Utilizzando solo le conoscenze e le risorse minime necessarie, è possibile prendere decisioni rapide, ridurre la complessità, risolvere i problemi con maggiore velocità e iniziare a implementare soluzioni, anche se non perfette, che possono essere successivamente affinate. Questo approccio è particolarmente utile in contesti dinamici, come quelli aziendali, tecnologici o di emergenza, dove l’agilità e l’adattabilità sono fondamentali per raggiungere le soluzioni sperate.
Nel problem setting l'MVK permette di identificare le informazioni cruciali necessarie per comprendere il problema, definirlo e scomporlo in parti gestibili. Spesso, avere troppe informazioni può portare a confusione, mentre con un approccio MVK ci si focalizza solo sugli elementi essenziali.
Il MVK e il Problem Solving Strategico si completano perfettamente per affrontare problemi complessi in maniera pratica ed efficiente. L’approccio MVK aiuta a evitare il sovraccarico di informazioni e a promuovere azioni rapide basate su conoscenze essenziali, mentre il Problem Solving Strategico fornisce una struttura iterativa e flessibile per affrontare i problemi e migliorare progressivamente le soluzioni. Questa combinazione permette di agire con maggiore velocità, adattarsi ai cambiamenti e gestire la complessità senza restare bloccati nell’analisi.
Abbiamo visto come l'MVK si combina con PDCA, kanban e Triz. Allo stesso modo è utile per il metodo dei 6 Cappelli, perché consente di migliorare l’efficacia del pensiero critico e creativo, mantenendo un focus sulle informazioni essenziali. Questo approccio non solo velocizza il processo decisionale, ma riduce anche il rischio di sovraccarico informativo, assicurando che ogni prospettiva venga considerata, ma solo per quanto realmente necessario.
Per esempio, immaginiamo di dover prendere una decisione su un nuovo progetto aziendale. Ecco il processo dei 6 cappelli, con la relativa applicazione MVK.
1. Cappello Bianco: Quali sono i fatti essenziali che dobbiamo sapere? (MVK: Raccogli i dati minimi per comprendere il problema).
2. Cappello Rosso: Quali sono le emozioni principali che influenzano la decisione? (MVK: Considera solo i sentimenti più rilevanti).
3. Cappello Nero: Quali sono i rischi principali? (MVK: Identifica le criticità minime da risolvere prima di procedere).
4. Cappello Giallo: Quali sono i benefici principali che possiamo ottenere? (MVK: Focus sui vantaggi chiave).
5. Cappello Verde: Quali sono le idee creative più praticabili? (MVK: Seleziona rapidamente idee fattibili da sperimentare).
6. Cappello Blu: Come coordiniamo il processo e agiamo? (MVK: Mantieni il processo focalizzato sulle conoscenze minime necessarie per proseguire).
Lo stesso accade per l'analisi SWOT. Punti forti, aree di miglioramento, opportunità e minacce con l'MVK possono essere sintetizzate riducendo gli elementi all'essenziale.
L'MVK infine è fondamentale per i processi ricorsivi di agile project management come lo scrum e il rapid planning.
Formazione
L'MVK interviene in ambito formativo sia a livello di progettazione e preparazione di corsi e materiali didattici, sia a livello di insegnamento e autoformazione, per definire i problemi di apprendimento, le competenze da acquisire, i saperi e le abilità per rendere effettive le competenze richieste. Potremmo dire che qualsiasi progetto formativo non si pone l'obiettivo di insegnare il più possibile, ma solo quello che effettivamente serve in base alle caratteristiche del corso e dei discenti. Il bravo docente deve saper ridurre tutto ciò che sa ad una unità MVK della durata di un'ora, o ad una pillola formativa di microlearning.
La definizione dei contenuti minimi utili va fatta sia nell'elaborazione dei programmi didattici tradizionali, sia nella strutturazione e nello sviluppo di formazione agile e tecnologica, dall'istructional design al metodo AGILE, dall'action learning e l'apprendimento adattivo al microlearning e ai metodi ADDIE, LAMS, LLAMA, e così via.
Insegnare l'MVK significa aiutare gli studenti a sviluppare la capacità di agire rapidamente e con sicurezza anche quando non hanno una conoscenza completa. Attraverso esercizi che mettono l'accento sulla semplicità, l'iterazione e l'uso efficiente delle risorse, gli studenti possono imparare a risolvere problemi in modo pragmatico, valorizzando la creatività e l'apprendimento continuo. Il processo si basa sulla consapevolezza che la conoscenza si sviluppa progressivamente, ma agire con ciò che si sa è spesso il passo più importante.
Anche nella formazione è importante combinare l'MVK con altri metodi di problem solving, creatività, project management, in base ai problemi da affrontare e agli obiettivi da raggiungere.