Chi si trova a passeggiare lungo la Marna, subito a sinistra dopo il ponte che unisce Lagny e Thorigny, vedrà una panchina a cui manca la seduta, forse perché il legno danneggiato è stato rimosso, e non è stata ancora fatta la riparazione. Io l'ho fotografata per farne un'opera d'arte concettuale. Come ci hanno insegnato Duchamp con i suoi ready made, e Man Ray con diverse opere fra cui il celebre Cadeau del 1921, un oggetto di uso comune, se perde la sua utilità, non serve più a nulla, quindi, invece di essere usato, può solo essere contemplato come oggetto estetico, e il contemplarlo ne fa un'opera d'arte.
Marcel Duchamp, Portabottiglie, 1959. Questo è uno dei tanti esemplari che Duchamp, dopo aver esposto il primo nel 1914, faceva acquistare nei supermercati e poi firmava per farne oggetti d’arte con la sola sua firma.
Il ferro da stiro reso inutile da una serie di chiodini saldati sulla superficie stirante è uno dei 5000 pezzi numerati e firmati del Cadeau che Man Ray propose nel 1921. Da notare il paradosso nel paradosso, perché questo esemplare viene proposto dalla casa d’aste come oggetto “usato”. C’è da chiedersi in che modo si sia potuto usare!
Questa è la mia panchina, che ho intitolato Standing Bench. Per accentuarne la finzione creativa, ho ritoccato la foto per fare in modo che l'albero si trovi dentro il bidone dei rifiuti. Ne viene fuori un'immagine intrigante e inquietante. Che cosa rappresenta una panchina senza seduta? E' un paradosso logico, visivo, epistemologico? Che titolo potremmo dare all'immagine per definirne contenuto e messaggio?
Standing bench è una panca per stare in piedi, come in chiesa ci sono le panche per stare seduti, in ginocchio e in piedi, secondo gli obblighi della liturgia.
Ceci n'est pas un banc potrebbe essere un omaggio alla pipa di Magritte, anche se è troppo ovvio che questa panchina non sia una panchina.
La panchina della sfortuna fa un po' il verso a La panchina della desolazione, il racconto che Henry James scrisse nel 1910. La sfortuna è dovuta al fatto che la panchina è riservata solo alle persone del tutto prive di culo, con tutto quel che ne segue.
La menomazione della panchina ci spinge a considerarla sotto aspetti diversi dal normale, quindi a vederla con quella ostranenie che Viktor Borisovič Šklovskij teorizzò nel suo L’arte come artificio, e che divenne lo straniamento di Bertold Brecht, la presa di distanza dalle cose, che porta a vederle con occhio critico e mente dubitativa. E stimola in noi la creatività con la domanda: in quali altri modi potremmo usare questa panchina? Una domanda che faceva l'ipnoterapeuta Milton Erickson ai suoi pazienti, quando chiedeva loro di descrivere i diversi modi di entrare in una stanza.
Potremmo farne una staccionata per legarci un cane o un cavallo, o un attrezzo per fare esercizi di ginnastica come flessioni sulle braccia, stretching, squat
.Oppure potremmo farne un sedile specializzato per indossatori di esoscheletro che oltre a sedersi sul nulla, vogliano anche appoggiare la schiena. Così facendo però daremmo all'oggetto una nuova utilità, annullandone la dimensione estetica.
Potrebbe essere allora una panchina per serafini, gli angeli rappresentati solo con testa e ali, qualche volta anche col busto, come fa Giotto, a cui ho preso in prestito tre angeli che si precipitano sulla panchina come razzi.
O ancora una panchina per arpie in pensione, le terribili donne col corpo di uccello rapace che, stanche di volare in giro a spargere tempeste, insozzare tavole imbandite e rapire bambini, vogliano riposarsi un po' appoggiandosi alla spalliera e accovacciandosi nel vuoto della seduta mancante.
C'è anche da considerare il rapporto fra la panchina e il bidone dei rifiuti. Il bidone è stato messo lì per servire gli utenti della panchina? In tal caso che senso ha con una panchina che non si può più usare? Oppure la panchina è stata messa lì per far soffermare le persone e indurle a servirsi del bidone per i loro rifiuti?
E come mai l'albero sta dentro il contenitore dei rifiuti? Ci è cresciuto dentro o è stato buttato lì da un amante del cemento?
Infine, l'ultima contraddizione visiva: nella parte superiore dell'immagine vediamo una bella giornata di sole, nella parte inferiore una fredda giornata di neve. Si chiude così il cerchio della problematicità dell'immagine, una visione che crea problemi dalle molteplici soluzioni, come tutte le opere d'arte dovrebbero fare, per stimolare la nostra mente e la nostra sensibilità e ampliare i nostri punti di vista.
Egregio Umberto,
nel parco vicino casa c’è stata, per un paio di anni, una panchina nelle stesse condizioni. La mia pochezza mi ha portato solo a lamentarmi dei ragazzacci che avevano “finito” il piano di seduta, già malridotto, e dell’amministrazione comunale intervenuta a ripararla solo dopo decine di mesi. Avevo fatto anch’io la constatazione che, forse, quella era la versione per persone senza sedere. Ieri stavo riflettendo sulla vastità e profondità delle tue osservazioni, quando un veicolo general purpose, GP, da cui jeep, ha svoltato a sinistra in direzione vietata, tagliandomi la strada. La brillantezza del gigantesco paravacche cromato, del peso di oltre ottanta chili, ovviamente indispensabile nei centri urbani, ha attirato la mia attenzione sull’opposto della tua panchina. Quanti sono gli oggetti sovradimensionati, risultati da superfetazioni mercantili, accessoriati con parti totalmente inutili se non nel ruolo prioritario ma solo iniziale di merci per idioti? L’imballaggi dei tubetti di dentifricio, per fare un esempio, sono un estesissimo campionario di ogni tecnica di stampa: impressioni a secco, tampografie, colori dichiarati oltre le quadricromia, trasferimento a caldo di pellicole metallizzate, persino ologrammi. Il tutto da gettare nella spazzatura prima di ogni possibile utilizzo. La totalità delle merci e molti spazi architettonici e domestici sono così, inutilmente sovraccarichi. E non è arte. Mi piacerebbe leggere una tua riflessione sicuramente illuminante al proposito. Grazie!