Visioni
Visioni
"Il Rassicurapasseri" è un mio disegno con penne a sfera e inchiostri colorati, ispiratomi da un bel pensiero di Alessandro Bergonzoni che dice: “Voglio diventare un rassicurapasseri e lasciare un po’ di grano anche a loro e a tutti campo libero per volare via dalle terre seminate a guerre” e che, nella situazione attuale in cui si parla sempre più di guerra e si tolgono soldi alle politiche sociali per destinarli agli armamenti, mi sembra tragicamente attuale.
Il rassicurapasseri è un salto di paradigma mentale da un mondo di appropriazioni, di recinti, di difese ad un mondo di accoglienza, solidarietà, compassione nell'ampio senso buddistico del termine.
La saggezza buddista dice che non conta il grano che hai nel granaio, ma quello che riesci a mangiare e ad assimilare per crescere e stare in buona salute. Il grano che mangi serve a soddisfare i tuoi bisogni, che sono limitati, invece dei tuoi desideri, che sono illimitati.
Il rassicurapasseri quindi ha un aspetto simpatico, cordiale, incoraggiante. Ricicla vecchi vestiti ma li indossa come se fossero nuovi. Sorride e offre le spighe di grano e le sue stesse braccia agli uccelli che gli volano intorno.
Lo spaventapasseri ha origini antichissime e si ritrova un po' in tutte le civiltà, dagli antichi Egizi che mettevano figure di giovani per allontanare gli uccelli dai campi di grano lungo il Nilo, a Greci e Romani che ponevano a guardia dei campi statuette di Priapo, ai saltner tirolesi, agli uomini e bambole di grano usati sia dagli europei che dai nativi americani. Non avevano solo la funzione di allontanare gli uccelli, ma anche quella di scongiurare spiriti maligni e disgrazie, assumendo forme più meno spaventose, anche se innocui, con pupazzi rivestiti di stracci colorati o maschere e costumi indossati da persone umane.
L'agricultura moderna protegge le colture con reti e impianti elettrificati, per cui gli spaventapasseri sono caduti in disuso, e come tutto ciò e non è più utile sono diventati oggetti estetici e culturali, personaggi fiabeschi, simboli di tempi andati.
Andrew Wyeth, pittore americano di scene e vedute rurali, ha dipinto questo Spaventapasseri negli anni '40 del secolo scorso, come simbolo di solitudine e abbandono. Appartenente ad una famiglia di artisti, Wyeth è stato un pittore molto popolare in USA. Il suo quadro più famoso è Christina's World, che raffigura una ragazza poliomelitica su un campo di cereali.
Questa statuetta pompeiana di Priapo lo rappresenta come un nanetto con un enorme fallo. Priapo era il dio della fertilità, e come tale aveva il compito di vegliare sui campi. Era rappresentato solitamente come un giovane aitante o un uomo maturo, sempre col grande membro bene in vista. I Romani veneravano anche il dio assai simile Mutunus Tutunus, che però si dedicava principalmente ai matrimoni, e prendeva il nome da un appellativo del pene, detto mutto, muttonis.
L'attribuzione di una prepotente virilità al custode dei campi si ritrova anche nella mitologia nordica, come Cernunnos, dio della fecondità, della virilità, della caccia, della guerra, dell'abbondanza, degli animali, della natura selvaggia, rappresentato con corna di cervo, o come lo scandinavo Freyr, dio della bellezza e della fecondità, che «concede pace e piacere ai mortali» e domina sulla pioggia, sullo splendere del sole e il raccolto dei campi.
Solitamente Freyr è rappresentato con un cinghiale e un grande membro. In questa statuetta è seduto in posizione accovacciata con il grande membro eretto, sempre come associazione della virilità alla fertilità dei campi.
Fantocci antropomorfi o zoomorfi a scopo intimidatorio o apotropaico (per allontanare il malocchio) si trovano ovunque e in tutte le epoche, come i kuebiko giapponesi fatti di legno e vestiti vecchi, o i wurwolf europei vestiti di stracci e con aria minacciosa, o gli "uomini di grano" dell'Europa centrale, o come questo katchina Hopi (nativi americani), bambolotto di grano con spada e grandi corna bovine.
In molti casi sono gli uomini che si mascherano come demoni, animali o piante, come questi uomini albero del Carnevale di Satriano di Lucania, o come il Diavolo del Carnevale di Tufara nel Molise, con corna, tridente, maschera rossa e nera, e una lunga lingua rossa.
Il saltner tirolese, qui in una litografia di fine '800, è abbigliato come un guerriero, ed ha la funzione di fare la guardia a frutteti e vigneti. E' chiamato così dal latino saltuarius, che era il guardiano di boschi e campi coltivati, e nel periodo dell'anno in cui le piante si riempivano di frutti viveva in capanni provvisori eretti nei campi da sorvegliare. Aveva sonagli per allontanare gli uccelli, un coltello e un'alabarda e un fischietto o un corno. Così abbigliato partecipava alle funzioni religiose e alle processioni. Il grande cappello piumato è usato dai saltari del Burgraviato, il territorio e la comunità di Merano.
Issohadores e mamuthones sono tipiche maschere di Mamoiada in Sardegna, ed hanno sempre la funzione di proteggere i campi e i raccolti, i primi con divise pseudomilitari e maschere bianche, i secondi con pelle di pecora, maschera nera e campanacci per scacciare gli spiriti maligni.
Fra i pastori artistici napoletani troviamo il "pazzariello", personaggio popolare vestito come un alto ufficiale, che andava in giro ad annunciare eventi o a propagandare prodotti con la finta solennità della proclamazione di un editto regale.
Lo spaventapasseri è uno dei personaggi de "Il Mago di Oz", film musicale del 1939 con Judy Garland.
A Marter in Valsugana si trova il Museo degli Spaventapasseri, con numerosi fantocci e oltre 5000 fotografie di Flavio Faganello, fotoreporter trentino.
La scuola di Nagoro, foto Patrick Colgan, 2019. Nagoro è un piccolo paese al centro dell'isola di Shikoku, vicino ad Osaka in Giappone. Ora ci vive solo una trentina di persone, dopo che tutti si sono trasferiti nelle grandi città. Tsukimi Ayano è una signora di oltre 70 anni, nata a Nagoro, e tornataci dopo aver vissuto e lavorato ad Osaka. Poiché gli uccelli mangiavano tutti i semi del suo giardino, ci ha messo uno spaventapasseri fatto da lei. Poi pian piano ha creato altri fantocci che ha disseminato qua e là, ripopolando i luoghi abbandonati. I pupazzi sono fatti con stracci, ago e filo, e riempiti di giornali. Il paese è diventato così un'attrattiva turistica e un museo a cielo aperto, tutto fatto di kakashi, gli spaventapasseri giapponesi.
Soluzioni
Dal punto di vista del problem solving, parliamo di creatività. Per inventare il rassicurapasseri Bergonzoni usa la tecnica del "mondo alla rovescia", una delle tecniche della fantasia che ho raccolto nella Mappa della fantasia, una mia elaborazione visiva basata sui libri Fantasia di Bruno Munari e Grammatica della fantasia di Gianni Rodari. Nel mondo alla rovescia gli animali visitano lo zoo nelle cui gabbie si trovano gli umani, l'asino va in groppa al contadino, gli spaventapasseri diventano rassicurapasseri.
L'invenzione va poi sviluppata. Che cosa fa un rassicurapasseri? Invece di allontanare gli uccelli, li attira a sé dandogli del grano. E da dove vengono i passeri? Dalle terre che non sono seminate a grano, ma a guerre. Ecco dunque tutta la situazione nuova e spiazzante che mi ha colpito al punto da indurmi a raffigurarla. Per farlo ho dovuto chiedermi: com'è fatto il rassicurapasseri? come è vestito? che faccia ha? com'è il campo di grano? e le terre seminate a guerre? Vediamo quindi come la creatività si sviluppa da un guizzo di fantasia che apre una porta per mostrare un aspetto diverso delle cose, e da un processo di concretezza con cui si traggono le conseguenze dello spunto fantastico, ponendosi una serie di problemi grandi e piccoli e cercando di risolverli con immaginazione e capacità tecniche. E secondo Domenico de Masi fantasia e concretezza sono gli attributi della creatività.
Ma vediamo ora altre tecniche usate da Bergonzoni, ricamatore di nuvole, giocoliere dell'affabulazione, provocatore neuronale. Ho assistito ad un suo monologo dal vivo a Senigallia, in una rassegna di editoria elettronica, e ho provato un intenso godimento mentale anche se ho dovuto fare un grande sforzo di concentrazione per non perdere i suoi virtuosismi verbali che spara con raffiche velocissime in un flusso ininterrotto che non lascia respiro. Ho guardato molti suoi interventi televisivi, e con l'aiuto di YouTube ho potuto analizzarne qualcuno per cogliere significati e strati di lettura che al primo ascolto possono sfuggire.
Bergonzoni gioca con le parole. A volte con il suono, altre volte con la grafia, a volte con la parola singola. altre con la frase. Come egli stesso dice "Le parole giocano con noi, non siamo noi a giocare con le parole. Sono le parole che ci stanno chiedendo di avere un altro significato". Parte dalla parola, dal modo di dire, dalla frase, nel suo uso comune, e apportando piccole modifiche ne svela altri significati. A volte si limita a cambiare una sola vocale, una sola consonante, quando auspica "visi comunicanti" capaci di comunicare con le persone attraverso il viso. O aggiunge o toglie una lettera, quando dice, durante il confinamento del Covid, "siamo fili di un dio minore, fili spinati, fili spezzati che devono ricollegarsi". O anche "Ecco la parola crealtà: io non voglio dimenticare la realtà, ma voglio crearne un'altra, la crealtà, che non esclude la prima, ma inventa la seconda". "Dobbiamo cambiare. E' la fine del modo, non la fine del mondo. Dobbiamo cambiare, cambiare dimensione, cambiare ritmo, cambiare frequenza, cambiare luce… tutto torna come dopo. Non è il complesso di Edipo, ma quello di 'E dopo?'".
Attacca parole staccate o stacca parole composte, svelando altri significati. "Schiavitù o schiavoio? Siamo tutti schiavi. Servizio: servo da utilità o servo da schiavo?", oppure, se siamo su internet "suinternet non si butta via niente". La differenza fra le persone "con cui stare" e quelle da "conquistare" rimarca la differenza fra amori sani e amori tossici, fra cooperazione e competizione.
Prende alla lettera modi di dire e li piega ad altri significati: "una persona comune senza mezzo gaudio", "le lacrime sono capitale interamente versato".
Gioca con doppi sensi e falsi sinonimi o contrari: "l'albero, prima immobile, muore e diventa mobile". "La gloria acceca all'ombra del palmo di mano", "immortale e quale". "Non aveva un bell'aspetto. Pensavo: e se il bell'aspetto non fosse altro che una meravigliosa attesa? Aspetto che migliori?"
"ometto vendette armando" significa che io rinuncio a vendicarmi per armarmi, o che un piccolo uomo ha venduto l'amico Armando?
A volte basta un solo segno di interpunzione: "Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te?" che significa: mi puoi dire se Dio esiste o no?
"Perché chi si prende paura non se la porta via? Hai preso paura, perché la lasci qui che se la può prendere qualcun altro?"
I suoi calembour sono come lampi di luce su altri significati, spesso profondi, inquietanti, politicamente e socialmente impegnati. "E fonderemo un nuovo movimento artistico a Firenze dopo il Rinascimento: il Risarcimento. Per andare oltre l'umanesimo, che non serve più, non basta ancora. Sará un vero e proprio sovraumanesimo, ben oltre la solita condizione umana Classica, nato per restituire la vita tolta, la storia uccisa, l'esistenza violata, i corpi offesi. Il Risarcimento finalmente riuscirà a ridare una tutela altra, all'opera d'arte sovrumana. Ecco perché ci costituiremo tutti sia arte civile che arte lesa, che scolpisce le sue statue a colpi di pistola. Cambieremo, anche se sará un processo lungo, lungo più di un Arno, ma inarrestabile, inevitabile, ineguagliabile".
Finisco con due parodie religiose, con cui torno sul significato profondo del rassicurapasseri: "Nave Maria, piena di volontari, fa che altre ONG arrivino a salvare in mare" e "Prese la terra, la unì, e disse prendetene tutti, non dividetela!".
Altre riflessioni sul significato del rassicurapasseri a livello personale e di organizzazioni sono qui: https://www.caosmanagement.it/2024/11/28/il-rassicurapasseri/
Gentilissimo,
grazie! Grazie per la raccolta d'immagini e per tutto quello che c'è dietro e che ci hai così sapientemente illustrato. Molto simpatico il tuo rassicurapasseri. Chissà se a qualcuno verrà voglia di realizzarlo davvero.
Siamo stati in tanti a riempire il tempo del Covid rivedendo i monologhi di Alessandro. Mi aveva colpito in particolare un dirigente Rai che, nella presentazione aveva insistito sul "gioco di parole". Su questa idea di gioco fine a sé stesso sono in disaccordo. Sarà per aver fatto per infiniti anni il designer ma per me gioco evoca immediatamente lo spazio interstiziale fra due componenti meccanici, definito da tolleranze. Come il gioco dei bambini, che diviene spesso: "Beh, siamo tolleranti ma adesso non esagerate", oppure "Un bel gioco dura poco". Visualizzo il lavoro di Alessandro Bergonzoni non come gioco ma come un fluido denso, come una specie di miele, che penetra in tutte le direzioni fra le ruote dentate dei meccanismi sociali inesorabili, fra quelle del perbenismo e degli spaventapasseri e dei Tempi moderni attuali e Chapliniani, e quei meccanismi inesorabili li inceppa, li blocca, ne inverte la direzione, anche tramite la risata che diventa riflessione, un ridere delle proprie certezze. Cosa ne pensi?
Un cordialissimo saluto,
Rodolfo